Le premesse
Nell’ultima puntata della prima stagione di Mad Men, serie televisiva incentrata sul mondo della pubblicità andata in onda esattamente quindici anni fa, Don Draper fa una presentazione per Kodak rimasta nella storia delle serie tv come uno dei momenti più alti del genere. Il prodotto è un proiettore di diapositive che non è una semplice ruota, è un carosello, una giostra di emozioni, una macchina del tempo che ci porta avanti e indietro e che, soprattutto, ci porta in un posto in cui desideriamo di essere ancora: “a place where we know we are loved”. Don Draper usa le fotografie della sua stessa famiglia per convincere il cliente a scegliere la propria idea creativa per l’azienda, con un preambolo semantico sul termine nostalgia: "Nostalgia: it's delicate but potent…”., ottenendo all’unanimità l’approvazione.
Don Draper però, tra le tante altre cose che ha detto in sette stagioni, sosteneva che la pubblicità è basata su una sola cosa: la felicità. Forse oggi potremmo dire che sì, l’emozione è importante, la trovata pure, ma il vero salto per farsi notare nel mare magnum dei contenuti, marketing o no, sta tutto nella viralità. Da questo punto di vista, la dissonanza dello spot Esselunga nasce da un efficace malinteso. L’intento era quello del carosello, nostalgico, delicato, il risultato è la polemica. In un certo senso, l’obiettivo di Esselunga era farci fare un giro su quella giostra della nostalgia, alimentando la mitopoiesi di questo luogo spersonalizzato ma fondamentale, il supermercato, all’interno del quale ciascuno trova ciò di cui ha bisogno: nel caso di Emma, una scusa per far tornare insieme i suoi genitori.
L’anti-mulino bianco o pro-famiglia tradizionale?
La polemica scaturisce dal filtro socioculturale che ognuno di noi applica nel decifrare la realtà che lo circonda. Se da una parte c’è chi ha apprezzato i buoni sentimenti e ha interpretato il film-spot come uno scorcio contemporaneo e malinconico di un’attuale famiglia italiana che affronta la separazione, dall’altra invece, c’è chi contesta lo spot additandolo come la rappresentazione di uno stereotipo che richiama al necessario bisogno di un nucleo familiare tradizionale, unito. E forse è proprio questo quello che il film riesce a far emergere: le diverse percezioni che ognuno di noi, singolarmente ha avuto dallo spot. Sì, perché le esperienze, positive o negative che siano state durante la crescita, hanno influenzato le nostre emozioni, il nostro vedere, la nostra sensibilità, più semplicemente il nostro mondo.
Il brand activism
Altro punto della polemica è il cosiddetto brand activism.
I prodotti e i servizi che vengono comunicati a seconda delle sensibilità verso le cause dei marketing manager sono destinati a rivelarsi dei flop commerciali. A meno che le suddette sensibilità non coincidano anche con quelle dei propri consumatori, cosa che per alcuni brand può certamente avvenire (vedi Adidas ed Ikea per esempio).Inseguire le tendenze del momento - che in quanto mode, appunto, sono ineluttabilmente transitorie - al massimo può portare un beneficio momentaneo, ma solo nel caso in cui il nostro posizionamento ideologico coincida con quello della maggioranza dei propri consumatori.In tutti gli altri casi si rischia di andare incontro a un muro. Il fatto che un brand debba perseguire i suoi "ideali" di brand activism anche se questi dovessero scontrarsi con le idee maggioritarie del proprio pubblico è un errore di strategia.
Un brand non dovrebbe avere un approccio hegeliano al business: il suo fine non è il bene universale, non si tratta di stato etico ma di un supermercato. Il brand activism funziona solo quando propone dei valori coincidono con quelli della maggioranza dei consumatori e, se questi valori, sono sedimentati nell'immagine di marca e non sono un "washing" momentaneo per rincorrere i trend topic in cima all'agenza mediatica e politica. Guardare al proprio target di consumatori e non alle tendenze, dovrebbe essere il principio di ogni strategia di marketing. Il mercato è ampio e c'è spazio per ogni idea, gusto e tendenza.
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