Siamo ormai abituati, per esempio su Facebook, che ci venga chiesta l’amicizia da utenti sconosciuti. Molto spesso si tratta di profili falsi (profili fake) il più delle volte creati in automatico da bot (ovvero software automatici) che creano centinaia e centinaia di profili finti. Il problema della veridicità delle informazioni riportate online è forse uno dei più seri per il mondo come lo conosciamo oggi. Sulla base delle informazioni reperibili in rete, spesso si attribuisce credibilità, si prendono decisioni, si effettuano scelte strategiche. Tale problema assume proporzioni gigantesche e può essere alla base di conseguenze non facilmente prevedibili quando si abbia a che fare con l’identità online.
Non si tratta di un fenomeno nuovo, di fatto da tanti anni si parla di lotta ai profili falsi, creati spesso per obiettivi di web marketing “sporco” o per fare spam, ma alle volte anche per ingaggiare vere e proprie truffe su internet, oppure per fare trolling (un troll è un “profilo” che interagisce con altri utenti tramite messaggi assurdi, completamente fuori contesto o semplicemente provocatori ed irritanti). Un altro dei fenomeni più diffusi è il catfishing (dall’inglese “to fish”, pescare) che rappresenta la condotta di chi crea un profilo sui social network utilizzando una falsa identità. Al posto di quelle reali, vengono caricate foto e informazioni fasulle oppure “pescate”, appunto, da profili di altre persone. Commette catfishing anche chi realizza account con immagini e dati di persone note.
Anche Linkedin non è immune ai profili fake.
LinkedIn è il punto di riferimento mondiale per quanto riguarda i profili professionali, tanto che è ormai procedura standard per cacciatori di teste ed aziende farvi riferimento per le proprie necessità. Da ciò ne consegue che spesso si cerchi di mettere in evidenza tutte le proprie migliori caratteristiche, recitando a bassa voce eventuali falle nel proprio profilo. Il popolare network professionale online, può diventare il ricettacolo di figure che vadano oltre il semplice desiderio di mostrarsi al meglio, e che falsificano il proprio profilo per gli scopi più vari. Il primo, ovvio uso, è quello di accreditarsi nei confronti di potenziali clienti o verso aziende per le quali si è interessati a lavorare. Un’azienda o un’organizzazione poco attenta, può lasciarsi ingannare dalla asserita frequenza di prestigiose università, o dal conseguimento di titoli in realtà mai ottenuti. È dunque una volta di più opportuno consigliare a tutti la massima attenzione nella verifica dei profili professionali online.
Come riconoscere, dunque, un profilo fake nei social?
Per quanto riguarda Facebook e Instagram, le accortezze sono assai più numerose, essendoci una vasta gamma di azioni possibili che non riguardano solo foto e video.
Se il profilo desta sospetti, si può salvare una foto o due sul Desktop e avviare la ricerca su Google Immagini in modo da verificare la provenienza delle foto postate. Potrebbe infatti trattarsi di immagini già presenti sul web e scaricate per costruire il profilo, che magari appartengono a personaggi pubblici o a persone comuni le cui foto sono state rubate per ingannare terzi.
Anche la bacheca può dire molto. Un buon numero di post personali lascia intendere che l’utente sia quanto meno attivo, ma se si limitasse alla sporadica condivisione di contenuti di terzi, potrebbe essere un ghost profile. Se poi in bacheca compaiono molte scritte che dicono “grazie per l’amicizia”, allora c’è il rischio che si tratti di un account che aggiunge utenti in maniera massiva.
La messaggistica è un ottimo metro di giudizio. Se dopo aver accettato la richiesta di amicizia di qualcuno, ci arrivano messaggi con errori di ortografia, diversi formati o accenti strani, è il caso di prendere in considerazione l’idea che si tratti di un profilo falso o di qualcuno che sta cercando di compiere il cosiddetto phishing.
In ultimo, è meglio dare un’occhiata alla tipologia di follower. Chi sono i seguaci di quell’account? Che tipo di profili hanno? È d’obbligo dare un’occhiata anche al nome del profilo di coloro che interagiscono con il presunto bot, prestando attenzione all’eventuale uso di caratteri speciali o frasi evocative nel nickname.
Di fronte alla dilagante disinformazione i social dovrebbero intensificare gli sforzi, mettendo in secondo piano le preoccupazioni sulla compressione della libertà di parola e prendendo atto che la proliferazione di account falsi. Grazie all’uso di algoritmi di rilevazione si procede, già in fase di registrazione, al blocco della creazione degli account falsi così da impedire da subito di accedere alla piattaforma sociale. Ulteriori account possono essere cancellati a seguito delle segnalazioni inoltrate direttamente dagli utenti sollecitati a collaborare attivamente nell’individuazione di fake account. Nonostante ciò, i social network hanno ancora molta difficoltà nell’individuare gli account falsi. Un esempio pratico lo troviamo anche in casa da E-Business Consulting: molti profili professionali in giro per il mondo hanno inserito la nostra agenzia come luogo di lavoro attuale senza farne parte. Più volte è stato segnalato a Linkedin il problema ma senza alcun riscontro in merito, quelle persone figurano ancora come dipendenti dell’agenzia.
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