C'era una volta un colosso tecnologico chiamato Google che, con grande ambizione, decise di rivoluzionare il modo in cui i cookie di terze parti venivano utilizzati sul web. La missione era chiara: migliorare la privacy degli utenti e offrire un'esperienza di navigazione più sicura. Ma, come spesso accade nelle storie più avvincenti, il percorso non è stato privo di ostacoli e colpi di scena. Ecco cosa è successo, qual è stato l'impatto e quale futuro ci attende con la Privacy Sandbox.
Se da una parte l'idea aveva colto il favore una fetta di utenti, un'altra parte, in particolare gli inserzionisti, non vedevano di buon occhio la nuova mossa di Big G. Questo perché avrebbe potuto incidere in modo considerevole sulle attività remunerative. In questi anni, Google ha lavorato a stretto contatto con diversi enti del Regno Unito, tra cui l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la quale aveva avviato un'indagine sulla proposta di Mountain View.
Cosa sono i Cookies?
I cookie sono piccoli segmenti di codice che i siti web inviano al browser di un visitatore e rimangono attivi mentre la persona visita altri siti. La pratica ha alimentato gran parte dell'ecosistema della pubblicità digitale, offrendo la possibilità di tracciare gli utenti su più siti per indirizzare gli annunci.
Privacy al centro
Le critiche non hanno (momentaneamente) scoraggiato Google che ha avviato un test durato qualche mese e che ha coinvolto l'1% degli utenti che utilizzano il browser Google Chrome (stimabile intorno ai 30 milioni di utenti), selezionato in modo casuale. Un test che non sembra aver dato i risultati sperati, evidentemente, dal momento che di recente, l'azienda statunitense ha riferito che sarà modificata l'esperienza. Una nuova modalità permetterà agli utilizzatori del browser di Big G di effettuare «scelte consapevoli» sulla privacy nel corso della navigazione. Solo in questo modo sarebbe stato individuato un compromesso che salvaguardasse gli introiti degli inserzionisti (alla fine, Google con il suo programma Ads, è a tutti gli effetti una concessionaria pubblicitaria) e che tutelasse la privacy.
Il VP Chavez, tuttavia, non si preoccupa soltanto di comunicare una scelta (aziendale) di campo importante, ma tiene anche a precisare che “gli sviluppatori dispongono di alternative adatte a preservare la privacy”.
Di qui, la vision che si traduce nella politica aziendale di aumentare “controlli sulla privacy aggiuntivi” con la previsione di “introdurre la protezione IP nella modalità di navigazione in incognito di Chrome” onde evitare in assoluto qualsiasi forma di tracciamento dell’utente.
Come cambia Privacy Sandbox
Il nuovo metodo che sarà utilizzato in futuro sarà comunque chiamato Privacy Sandbox, ma a differenza dei continui ritardi e imprevisti accaduti negli ultimi quattro anni e accantonato il progetto del ritiro dei cookies, Google non annuncia date in cui la nuova funzione sarà attiva a pieno regime. Una delle implementazioni più interessanti che potrebbero essere disponibili per gli utenti in futuro, è la protezione dell'Indirizzo IP nella modalità in incognito, come riferito dal Vicepresidente di Privacy Sandbox, Antonio Chavez, in un blogpost.
Se da una parte gli inserzionisti hanno tirato un sospiro di sollievo, non si può dire lo stesso degli enti, come l'Ico del Regno Unito, (Information Commissioner's Office) un'autorità indipendente responsabile della protezione dei dati personali e della privacy. «Siamo delusi dal fatto che Google abbia cambiato i suoi piani e non intenda più eliminare i cookie di terze parti dal browser Chrome» ha affermato Stephen Bonner, vice commissario dell'ICO, che prosegue: «Fin dall'inizio del progetto Sandbox di Google nel 2019, abbiamo ritenuto che bloccare i cookie di terze parti sarebbe stato un passo positivo per i consumatori». Cosa cambia dunque? Proprio niente. Rimarrà tutto come prima, e non è certo se sia una buona notizia né per gli utenti né per gli inserzionisti. Di certo lo è per Google.
Cookie di terze parti: cosa non ha funzionato e cosa accadrà
Lo stop al tentativo di voler progressivamente eliminare i cookie di terze parti sul web, da parte della big tech, scatena evidentemente le prime voci critiche, a maggior ragione a fronte di una situazione nella quale gli stessi competitor come Apple/Safari e Mozilla/Firefox già da anni (2020) non supportano più cookie di terze parti, introducendo protezioni avanzate di tracciamento e, peraltro, non solo quelle.
Non c’è dunque da stupirsi che la Competition and Markets Authority – CMA del Regno Unito stia monitorando attentamente i cambiamenti apportati da Google, con “la logica conseguenza che vede l’introduzione di un prompt [comando] di scelta utente, che consenta agli utenti di scegliere se conservare i cookie di terze parti“. Da ultimo, proviamo a ipotizzare qualche scenario futuro, partendo proprio dal presupposto che la CMA del Regno Unito, come ha già annunciato, non pubblicherà il suo aggiornamento trimestrale sulla conformità di Google.
Ecco perché detta Autorità è chiamata a valutare attentamente il nuovo (annunciato) approccio di Google alla “Privacy Sandbox”, e dovrà lavorare gomito a gomito con l’Autorità Garante privacy inglese l’Information Commissioner’s Office – meglio nota come ICO, su questi fronti.
Se il prossimo futuro è dunque già tratteggiato, è ancora tutto da riempire. Monitoriamo il prosieguo, sarà fondamentale.
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