Abituati ad una vita ormai ricca di interazioni, appuntamenti, amicizie e possibilità di incontro, ci siamo trovati per 4 mesi catapultati in un universo parallelo composto unicamente da chat, messaggi e videochiamate.
Il 2020 ha messo a dura prova la maggior parte di noi: per questioni lavorative, familiari, relazionali, di praticità e gestione. Ma il 2020 ha messo a dura prova anche il mondo del marketing che è sempre stato uno specchio della società e della sua evoluzione tecnologica.
Tutti abbiamo sentito parlare di Marketing 1.0, 2.0, 3.0, 4.0 fino quasi a perderne il conto. Ma a che punto eravamo arrivati? In che categoria ci identifichiamo in questo momento?
Le aziende oggi cercano di dare più di un semplice prodotto ai consumatori. Vogliono instaurare un legame diretto tramite esperienze.
Come un’evoluzione della customer experience, il Marketing esperienziale fa leva sulla componente emotiva del consumatore per creare un legame diretto col brand. L’intensità dell’esperienza, pensata in modo da essere coinvolgente, rilevante e personalizzata, riesce a vendere non solo il prodotto ma uno stile di vita, aumentandone il valore percepito e la fidelizzazione al brand stesso.
Secondo B. Schmitt esistono 5 diversi tipi di esperienza che lui chiama SEM (Strategic Experiential Modules):
- Sense: esperienze che fanno capo all’apparato sensoriale dei clienti
- Feel: creare esperienze affettive legate alla marca stimolando i sentimenti interiori del consumatore
- Think: creare stimoli ed esperienze per la mente puntando alle capacità intellettive e creative dell’uomo
- Act: esperienze che coinvolgono la fisicità, gli stili di vita e le interazioni
- Relate: esperienze che risultano dal porsi in relazioni con altri individui e altre culture
La filosofia che sta dietro al marketing esperienziale è che un’esperienza valga molto più di uno spot pubblicitario e così le piattaforme social diventano il mezzo più sfruttato per promuovere e condividere questo tipo di approccio.
Ma cosa succede al marketing esperienziale quando viene a contatto con una società che, obbligata a trascorrere mesi tra le mura di casa, è intimorita dalla vicinanza fisica con le persone? Cosa succede quando l’obiettivo di un evento, l’aggregazione e il riunire più persone in un unico luogo facendole interagire, diventa proibito?
Quelli che prima erano utenti da incuriosire e coinvolgere tramite esperienze sensoriali ed emotive, ora trascorrono il tempo in rete, annoiati dalla ridondanza dei contenuti e alla ricerca spasmodica della verità assoluta su un qualcosa di sconosciuto.
Nel periodo di lockdown le aziende si sono riversate nelle piattaforme social, dove la comunicazione è veloce e affollata di voci, per creare un punto di contatto con questi utenti.
I social network, che prima erano unicamente vetrine e mezzi per promuovere e condividere le esperienze, diventano l’unico strumento di interazione e coinvolgimento. Molti brand hanno sperimentato modalità di engagement online ma nulla di lontanamente paragonabile all’esperienza sensoriale.
Gli individui, nonostante l’evoluzione tecnologica punti sempre più a digitalizzare ogni situazione, hanno bisogno del rapporto umano. Le risate, le pacche sulla spalla, gli abbracci, l’aperitivo, un film sotto le coperte, una cena al ristorante, sono tutte ambientazioni che idealizziamo e concretizziamo tramite una vicinanza e compresenza fisica.
La maggior parte delle iniziative e dei contenuti promossi delle aziende in periodo Covid hanno riguardato informazione, regole di sicurezza, svago, eventi pensati per l’offline trasportati online.
Perché nessun brand è riuscito a riformulare il concetto di Marketing esperienziale in chiave Covid-19? Perché nessun’azienda si è distinta per un cambiamento di rotta verso i nuovi bisogni degli utenti?
Secondo la nostra opinione, probabilmente la fase di Marketing che abbiamo affrontato è stata caratterizzata da attesa e compensazione.
Attesa verso un periodo più sicuro che potesse permettere il riavvicinamento delle persone. I brand hanno dovuto reagire ad un evento straordinario senza però conoscerne la portata. Solitamente questo tipo di situazioni vengono definite come “Instant Marketing” ma in questo caso non si è trattata di un’occasione così circoscritta nel tempo, e soprattutto nessuno aveva modo di prevederne la fine, da qui probabilmente nasce l’attesa di un ritorno alla normalità.
Compensazione tramite i mezzi online a disposizione cercando di coinvolgere gli utenti con trend e hashtag diventati subito virali come #andràtuttobene e #ripartiamo senza però avere la possibilità di creare una nuova strategia o un nuovo modello comunicativo perché tarato su una situazione passeggera.
Noi di E-Business Consulting, con sede nel cuore di Padova, abbiamo vissuto in prima persona questo tipo di perplessità, cercando di affiancare i nostri clienti con la grinta che ci ha sempre contraddistinto. In questo periodo abbiamo realizzato per i nostri clienti progetti con una visione lungimirante come Social Media Marketing e eCommerce fino ad approdare al mondo del Mobile Marketing.