Come scrisse il filosofo greco Aristotele nella sua “Politica”: l’uomo è un animale sociale in quanto tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società.
Ma la socialità è un istinto primario o è il risultato di altre esigenze?
Le esperienze che tutti gli impiegati, i manager ed imprenditori, costretti dall’emergenza corona virus, stanno oggi vivendo con lo smartworking, che tipo di impatto stanno avendo sulla qualità del lavoro in merito all’esigenza di socialità?
Sicuramente questo tratto relazionale ritengo sia quello più colpito da una configurazione lavorativa in smartworking. Manca il day by day con i colleghi, il confronto quotidiano, le riunioni di condivisione, anche quelle inutili o anche banalmente il caffè o l’aperitivo post orario di lavoro.
Manca la possibilità di uscire di casa, dedicare buona parte del proprio tempo, da sveglio, ad una passione o ad una esperienza all’interno del contesto lavorativo scelto o meno. Molti inoltre arrivano al punto di lasciarsi andare con poca attenzione a sé stessi ed alla propria igiene personale.
A questo si aggiunge il vincolo tecnologico. È inutile nascondere che nessuno era pronto dall’oggi al domani, a switchare dalla modalità ufficio alla modalità home office: è un problema di linea internet, di banda disponibile di sistemi a cui collegarsi per verificare o aggiornare le informazioni. In pochi hanno in casa la fibra… Sistematicamente proviamo tutti i giorni strumenti per video conferenze diversi per capire se riusciamo ad ottimizzare i collegamenti con un sistema piuttosto che con un altro: skype, teams, hangout, zoom versione base e/o versione premium. Ogni riunione il più delle volte la si passa per comprendere metà delle parole dette dai diversi interlocutori per problemi di linea e non si riesce mai a stare nei tempi stabiliti.
Un altro aspetto problematico del lavorare da casa per chi ha famiglia e figli è avere il silenzio e la giusta concentrazione durante l’attività lavorativa per evitare di commettere errori, fornire informazioni parziali e incomplete o dimenticare impegni presi.
Affermare quindi, in questo contesto, che lo smartworking possa diventare un domani la nuova modalità operativa mi vede abbastanza scettico. L’esperienza che un po' tutti stiamo conducendo è un ottimo test per capire se dal punto di vista psicologico, caratteriale e tecnologico siamo pronti a questa novità.
Ottimizzare il proprio contesto lavorativo è sicuramente il sogno di tutti e le opportunità offerte dallo smartworking vanno in questa direzione, ma dovrebbe essere affiancato alla normale vita di ufficio anche lontano dai propri cari e familiari, per mantenere una propria esistenza autonoma e parallela, per continuare ad imparare anche dal collega vicino.
Non da ultimo ritengo che noi italiani per mentalità e anche grazie al nostro straordinario clima, siamo un popolo più propenso di altri al contatto umano ed alla socializzazione. Il confinarci in casa quindi non da possibilità di sfogo alla nostra cultura ed alla nostra visione delle relazioni sociali.
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