Un testo per essere valido deve essere principalmente comprensibile e leggibile, dunque prima delle immagini, della formattazione del testo, e dei colori, vi è la scelta del font.
L’anatomia di un font è composta da singole lettere, che a loro volta originano una parola. Essa è costituita dalla combinazione del nero(tratti) e dal bianco (controforme).
Proprio il susseguirsi di forme e controforme scandisce il ritmo delle parole. L’armonia delle parole è data dunque dall’incastro dei neri con i bianchi e viceversa. La percezione della nostra retina infatti è sensibile nella distinzione rispetto allo spessore orizzontale e verticale dei tratti delle lettere di un font, donando alla spaziatura e alla posizione dei tratti sommati all’altezza, una grande importanza nel rendere una lettera e poi un font più facile da leggere.
La scrittura, i caratteri e i font sono percepiti dall’occhio e usati dall’autore come il gioco di chiaroscuri dei quadri di Caravaggio: la scrittura è arte e l’aspetto visual nella scrittura è un fattore fondamentale se si vuole sapere quale font è più facile da leggere.
Con il tempo, l’attenzione per l’uso dei font ha portato ad uno studio approfondito che riguarda la relazione tra neuroscienze e font. Una delle prime ricerche risale al 2008 quando all’università australiana RMIT un team di psicologi, scienziati e tipografi ha creato il font Sans Forgetica.
Partendo dal dubbio sulla scelta del font più adatto a comunicare, secondo gli scienziati il Sans Forgetica, sarebbe stato difficile da dimenticare (da qui Forgetica).
Altri studi di neuroscienze associati al neuromarketing, hanno sostenuto ci sia un legame tra il font e la psicologia di chi legge.
Alcuni font avrebbero la capacità di stimolare la creatività o emozioni diverse in base all’uso o alla loro lettura, che determinano delle associazioni visive e poi mentali diverse, stimolando un approccio serio, leggero, giocoso al testo, prima ancora di leggerlo.
In generale, gli studi di neuroscienza prima ancora di essere applicati al marketing, si sono basati sull’esigenza concreta di rendere accessibili e inclusivi i testi.
La questione dell’accessibilità riguarda non solo il vasto pubblico, ma anche e soprattutto le persone con difficoltà di apprendimento, di lettura o persone con disabilità visiva e dislessiche.
I parametri per sapere se un testo è più o meno accessibile sono tre: emozione, funzione e tecnica.
Maggiori sono le emozioni che un testo suscita, maggiori sono le probabilità che esso diventi memorabile e quindi si dimostri funzionale alla comprensione e all’obiettivo iniziale del messaggio.
Inoltre è dimostrabile come a seconda del tema trattato e dell’ambito di cui si occupa il testo si debba prediligere un font rispetto ad un altro.
Se si sta scrivendo per un giornale cartaceo o un quotidiano online i font più usati per la loro leggibilità e semplicità sono Arial e Times New Roman.
Invece, se si scrive per una rivista scientifica, i font consigliati sono Verdana e il Baskeville, a differenza per messaggi pubblicitari, banner o brochure dove il font più utilizzato è l’Helvetica.
Vi sono alcune regole chiave da seguire per rendere un font più facile da leggere:
Utilizzare un carattere adatto al contesto del messaggio, differenziare sempre la grandezza del titolo dal testo e la grandezza di un titolo dall’altro in ordine di inserimento.
Avere una differenza chiara tra maiuscola e caratteri ascendenti, calcolando la giusta spaziatura tra le lettere.
Evitare “l’effetto impostore”, ovvero evitare font che nella loro versione maiuscola creino confusione come nel caso della I maiuscola e la l minuscola.
Evitare l’effetto mirroring, cioè l’utilizzo di alcune lettere che se capovolte possono essere confuse perché simili come b e d oppure p e q.
Ogni singola lettera e poi una parola, si trasforma in un contenuto che deve sapere ispirare, suscitare emozioni e avere una seconda vita e una propria funzione, per muovere il pensiero delle persone e conquistarle.
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