Reduci dall’ultimo IAB, il più grande evento del settore internet advertising a livello italiano, è ormai dato per assodato che il mercato è governato nella sua quasi totalità da due grandi colossi: Facebook e Google. Da quanto emerso, questi due big definiti anche come OTT (Over the Top), detengono il 75% dell’intero mercato pubblicitario (+4% rispetto al 2017) con trend previsto in continua crescita anche nei prossimi anni. Non solo l’Italia, ma anche il mercato europeo non fa eccezione a questa regola.
In termini di quantità, parliamo di una filiera di investitori come editori, concessionarie e agenzie che acquistando spazi pubblicitari su un numero limitato di ecosistemi, ovvero gli OTT, contribuiscono giornalmente alla loro crescita esponenziale. Ciò ha portato, grandi big come Facebook e Google, a capire sempre più la propria potenzialità grazie alla grandissima mole di dati in proprio possesso, e di conseguenza, a creare degli ecosistemi complementari tra loro in grado di attirare migliaia di utenti su differenti touch point.
Ma siamo sicuri che gli OTT operino in un regime di trasparenza nei confronti dei propri investitori? Vi siete mai chiesti perché il budget giornaliero in Google Ads si esaurisca così in fretta?
Ebbene sì, parliamo proprio di Google Ads per le campagne settate a performance con un modello di offerta a CPA. In questo specifico caso quando si effettua l’ottimizzazione delle campagne, non bisogna solo prestare attenzione ad elementi come keywords, attrattività dell’annuncio, tasso di conversione (e molto altro) ma anche ai termini di ricerca che attivano la pubblicazione dei nostri annunci.
Sempre nel caso di modello a CPA se nella sezione dedicata alle keywords vi spostate nel terzo tab in alto a destra, denominato termini di ricerca, e ordinate i termini per CPC medio sgranerete gli occhi vedendo il costo elevatissimo che avete pagato per un singolo click! E non solo, nella maggior parte dei casi troverete delle parole che poco hanno a che fare con la vostra campagna. Un esempio? Nel nostro caso abbiamo riscontrato parole come: “sport per rassosare” costo per click Euro 10,66, “perdo un sacco di capelli” costo per click Euro 21,00, “l’elenco telefonico della mia lista” costo per click Euro Euro 10,95 “numero di telefono di Dybala” costo per click Euro 3,70, parole chiave assolutamente non attinenti con i termini ed il set up della campagna che vi fanno consumare inutilmente il budget giornaliero, costringendovi a riempire nuovamente le casse di Google.
Detto ciò, non pensate sia necessaria una maggiore regolamentazione, volta a garantire un corretto funzionamento dei meccanismi di advertising, soprattutto nei confronti delle aziende investitrici?