Oggi tutti i media riportano la notizia di come, di fronte a scaffali vuoti di pasta, l’unico prodotto sopravvissuto all’incetta della psicosi dell’eccesso siano state le penne lisce rimaste a giacere malinconiche sugli scaffali. Anche Massimo Gramellini nel suo articolo di fondo quotidiano sul Corriere della Sera menziona il “fenomeno penne lisce”. Un noto sito ironico ha giustamente scherzato sull’argomento creando la fake news: “Penne lisce accusano gli italiani di bullismo”
Riteniamo che ogni azienda abbia nel proprio portafoglio un prodotto del tipo penne lisce e obiettivo di questa breve analisi è quello di affrontare la sindrome penne lisce dal punto di vista marketing e commerciale per capire le eventuali motivazioni, le scelte, i problemi di posizionamento.
Quando ci si rivolge ai consumatori finali, normalmente si hanno in portafoglio diversi prodotti, a prescindere dal settore di appartenenza. Di questo bouquet di prodotti normalmente pochi fanno la grande percentuale di fatturato mentre gli altri spesso sono progetti o tentativi di catturare determinati target per poter estendere il popolo dei consumatori del brand.
Quando si parla di ciclo di vita di un prodotto (product life cycle) si considerano 4 fasi distinte: introduzione, crescita, maturità e declino. Come suggerito da Levitt, ogni fase del ciclo di vita del prodotto è contrassegnata da strategie diverse, relative ad esempio alla situazione del mercato, al grado di concorrenza, al prezzo, ai costi, alle vendite, alla distribuzione, al gradimento dei consumatori e così via.
Chester Wasson ha invece rielaborato il modello di Levitt considerando nove possibili variabili per una maggiore focalizzazione sul livello di vendite raggiunto, che prendono il nome di “fuoco di paglia” e di “fiasco”. Si tratta rispettivamente di modelli in cui la scalabilità è rapida perché tra prodotto e cliente scatta un “colpo di fulmine” e modelli che garantiscono la sostenibilità economica secondo cicli lunghi.
Nonostante l’anzianità, la teoria di Levitt (1965) come la rielaborazione di Wasson (1974) fanno capire come l’analisi continua delle diverse variabili nelle diverse fasi fornisce le chiavi per capire se e come prolungare o ridurre nel tempo la presenza di un prodotto sul mercato. L’attuale mondo digitalizzato con il relativo moltiplicarsi dei touchpoint di marketing con il cliente omnicanale facilita enormemente tale processo per ottenere informazioni e suggerimenti in tempo reale e per poter prendere rapide decisioni.
Come esordito all’inizio dell’articolo, riteniamo che tutte le aziende abbiano nel proprio portafoglio un “prodotto penne lisce”, frutto di una strategia di marketing sbagliata, di una nostalgia di tempi ormai trascorsi, di scelte non in linea con il gusto dei consumatori e di decisioni o analisi rinviate.
L’analisi sistematica e critica del proprio posizionamento, della percezione e della soddisfazione del cliente in relazione ai prodotti e servizi commercializzati è elemento oggi fondamentale se si vogliono vincere le nuove sfide competitive ed evitare la sindrome penne lisce.
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