Ogni anno il Censis ci regala una fotografia della società italiana. Quest’anno, tuttavia, più che un ritratto realistico sembra di sfogliare un catalogo del Cirque du Soleil: spettacoli di equilibrismo, illusioni ottiche e qualche clown a rallegrare il pubblico. Il Rapporto 2024 mette in scena un’Italia che riesce a galleggiare senza affondare, una sorta di miracolo anfibio nazionale che ci permette di navigare tra debito pubblico record, denatalità e tassi di astensione elettorale da Guinness dei Primati. Insomma, siamo i funamboli dell’Europa, ma con il paracadute bucato.
La mediocrità come arte nazionale
Siamo maestri dell’oscillazione: né troppo in alto, né troppo in basso. Secondo il rapporto, il nostro PIL cresce come una lumaca zoppa, e il reddito pro-capite sembra più una trappola che un trampolino. In altri Paesi, il benessere si misura in salti avanti; qui, si celebra la stabilità… purché non cada tutto a pezzi. È come se fossimo eternamente sospesi su una linea immaginaria di galleggiamento. Magari non brilliamo, ma nemmeno crolliamo. Il vero segreto? Ci flettiamo come “legni storti”. Che eleganza!
Il turismo vola, l’industria si schianta
Eppure, tra le macerie di un manifatturiero in crisi (-3,4% solo quest’anno), c’è chi festeggia: il turismo. Con quasi 450 milioni di presenze nel 2023, siamo il Paese dei sogni per gli stranieri… e degli incubi per i residenti di Venezia e Roma, ormai schiacciati dall’overtourism. Nel frattempo, settori come il tessile e il legno si sgretolano, e l’unico che resiste è l’agroalimentare. Dopotutto, possiamo sempre contare su pasta e pomodori, no?
La “fabbrica degli ignoranti”
Non deludono neanche i dati sull’istruzione: sembra che molti italiani abbiano deciso di frequentare una scuola serale… con le luci spente. Tra chi non distingue Dante da D’Annunzio e chi confonde la Rivoluzione Francese con l’Oktoberfest, l’ignoranza dilaga. Il 12,9% non sa che 7x8 fa 56. Qualcuno potrebbe giustificarsi dicendo che preferisce “pensare fuori dagli schemi”, ma qui sembra più una gita fuori dal senso comune.
Il lavoro? Un déjà vu
Sì, l’occupazione è in aumento, ma il PIL arranca. Come dire: siamo bravissimi a creare posti di lavoro… per poi scoprire che non servono a nessuno. Ah, e nel frattempo non riusciamo a trovare giovani che vogliano fare gli artigiani o gli idraulici. Il mantra “i giovani non vogliono lavorare” torna come l’ennesimo tormentone estivo, ma forse il problema è che molti lavori offrono stipendi che farebbero ridere anche un comico.
La guerra delle identità
Mentre la politica si divide sulle bandiere, gli italiani trovano nuovi modi per sentirsi minacciati: il 57,4% teme chi cambia le regole sociali, il 38,3% si preoccupa per i migranti, e il 29,3% considera un pericolo chi ha una concezione “diversa” della famiglia. Praticamente, siamo diventati esperti nel vedere minacce ovunque… tranne che nelle nostre bollette.
Il welfare? Fai da te
Se c’è un settore in cui eccelliamo è il welfare… privatizzato. La spesa sanitaria privata è in costante aumento (+23% negli ultimi dieci anni), mentre le liste d’attesa del pubblico sono più lunghe di un film d’autore. Il risultato? Gli italiani stanno diventando esperti di fai-da-te medico, dai check-up casalinghi ai tutorial su YouTube.
L’Italia che invecchia e aspetta l’eredità
Con un tasso di natalità da film distopico, il nostro futuro demografico sembra uscito da un romanzo di Orwell. Ma c’è una speranza: le eredità. La ricchezza si concentrerà in poche mani, creando generazioni di giovani “rentier”. Perché rischiare di innovare quando puoi semplicemente aspettare che nonna ti lasci il suo appartamento in centro?
Conclusione: chi ci salverà?
Il rapporto si chiude con una nota ironica: nonostante tutto, non esplodiamo mai. Magari non vinciamo medaglie d’oro, ma sappiamo sempre conquistare l’argento… del resto, è più economico. In fondo, siamo italiani: ci lamentiamo, ma ci arrangiamo sempre. E così, mentre il resto del mondo ci guarda con un misto di invidia e sgomento, noi continuiamo a vivere nel nostro circo permanente, dove il confine tra tragedia e commedia è sempre sfumato.
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