Scenari e possibili sviluppi
Google ha dichiarato che entro la seconda metà del 2024 il proprio browser Chrome, utilizzato dal 65% degli utenti, non supporterà più i cookie di terze parti, annunciando in questo modo la fine di un’era e l’avvio del progetto Privacy Sandbox.
Senza cookie di terze parti, diventa più difficile per gli inserzionisti tracciare e segmentare gli utenti in base al loro comportamento online. Tutto questo potrebbe portare a una minore precisione nel targeting degli annunci e a una maggiore dipendenza da altri metodi di tracciamento, come i dati demografici dichiarati o i modelli predittivi.
I possibili sviluppi e gli scenari da tenere monitorati sono i seguenti:
- Riorientarsi verso dati di prima parte: senza cookie di terze parti diventa fondamentale sfruttare i dati di prima parte, cioè i dati raccolti direttamente dai publisher o dalle piattaforme pubblicitarie stesse. Questi dati possono includere informazioni demografiche, comportamentali e contestuali raccolte attraverso le interazioni dirette con gli utenti.
- Utilizzare identificatori alternativi: Potrebbero emergere nuove forme di identificatori alternativi basati su identità anonime, come ID univoci o su altre tecnologie come gli identificatori probabilistici.
- Avvalersi di tecnologie di targeting contestuale: Il targeting basato sul contesto, ossia il posizionamento degli annunci in base al contenuto della pagina web su cui vengono visualizzati.
- Stringere partnership: le aziende del settore pubblicitario potrebbero stabilire collaborazioni più strette con i publisher e altre parti interessate per condividere dati e risorse in modo da compensare la perdita di capacità di tracciamento dei cookie di terze parti.
- Porre attenzione su privacy e trasparenza: le piattaforme pubblicitarie dovranno concentrarsi sulla trasparenza e sul consenso degli utenti per l'utilizzo dei loro dati personali. Potrebbero emergere nuovi standard e normative per garantire una maggiore protezione della privacy online.
L’indagine di Adform e Yougov
Adform, piattaforma globale di programmatic, ha incaricato YouGov di sondare il sentiment in 11 Paesi per conoscere opinioni e certezze dei decision maker del marketing. L’indagine si è basata su un campione di 3.332 manager che acquistano adv in programmatic.
In questo scenario ancora poco definito, la quota del traffico italiano cookieless viaggia a quota 40%, anche se il 46% del campione è convinto che sia più bassa, il 30% non ha proprio idea di quale sia e solo il 5% dei manager ha individuato la giusta percentuale.
La metà degli intervistati dichiara di non avere un’idea chiara di come l’era cookiless possa impattare sulle proprie strategie di marketing, senza dimenticare che il 66% sa poco o nulla delle soluzioni che sono già disponibili sul mercato.
Sebbene più della metà degli intervistati sia convinto che individuare lo strumento per sostituire i cookie di terza parte sia fondamentale per aggiudicarsi campagne future di successo, un’analoga percentuale si dice scarsamente preparata a questa nuova era. Con un 39% dei rispondenti che ha già sperimentato un impatto negativo sulle proprie campagne digitali a causa del blocco cookie.
Nuove soluzioni per il Programmatic Adv
In questo scenario il Programmatic Advertising si trova di fronte alla necessità di individuare modalità alternative per riconoscere e profilare al meglio gli utenti.
Tra le principali tecnologie candidate a sostituire i cookie di terza parte troviamo:
- gli User-ID alternativi
- adottano tecniche simili a quelle del fingerprinting, ma di tipo probabilistico rilevando informazioni simili e quindi in parte correndone gli stessi rischi.
- ricorrono ad indirizzi mail “hashati” (oggetto cioè di una protezione crittografica) a cui è possibile associare la navigazione degli utenti per attribuire loro, in modo deterministico, User ID. Ovviamente questa associazione non è sempre possibile, ma lo Universal ID 2.0 creato da The Trade Desk, è una delle soluzioni più note in questo momento sul mercato.
- i mobile advertising ID.
Il mobile advertising ID può ritenersi una soluzione capace di fornire elementi utili per riconoscere la navigazione cross-device e cross-site degli utenti.
All’interno di ogni smartphone è infatti presente un identificativo univoco che replica il comportamento di un cookie di terza parte e che si chiama Mobile Advertising Identifier (MAID).
In iOS ha preso il nome di IDFA, mentre in Android si definisce AAID. Il download, ma soprattutto l’utilizzo delle app può dunque costituire un bacino di riconoscimento significativo ed offrire al mondo del Programmatic un’area di sviluppo, basata su un identificatore forse più appropriato degli stessi cookie di terza parte, per cavalcare il cambiamento.
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